Annapurna (parete Sud) - 2003

Nepal, tra i fiumi Kali Gandaki e Marsyangdi, una nuvola bianca, neve, ghiaccio e sopra il mondo, è Malang, la cima che in occidente si chiama Annapurna.
Giugno 1950, Maurice Herzog e Louis Lachenal sono i primi uomini a toccare la vetta di un 8.000. Inizia così, dall'Annapurna, la storia dell'alpinismo Himalayano. Il valore esplorativo dell'impresa è senza precedenti, i francesi conoscono solo le cime principali: quote, geografia, cultura e storia sono completamente sconosciute. Herzog e compagni fanno gli esploratori per oltre un mese e raggiungono la cima in tempo record, nel pieno del monsone. Ci vogliono vent'anni prima che i britannici ripercorrano le loro tracce. La spedizione diretta da Chris Bonington apre la prima vera via difficile in Himalaya: la temibile parete sud. Continue spedizioni si sono succedute negli anni, Olandesi, Polacchi, Catalani fino agli Svizzeri Erhard Loretan e Norbert Joos che nel 1984 risalgono per primi la cresta est dalla cima est fino alla vetta principale a 8091 mt. Questo, resta ancora il più lungo e difficile itinerario in cresta mai effettuato in Himalaya. L' Annapurna non è il più alto degli ottomila, ma la sua parete sud è senza dubbio tra le più tecniche e ardue vie Himalayane, ed è proprio su questa immensa parete che nei primi giorni di settembre del 2004 abbiamo iniziato l'avventura. La squadra era composta dal sottoscritto, da Adriano Favre - Campo Spedizione, Abele Blanc, Christian Kuntner, Corrado Gontier, Alex Busca, Massimo Farina. Per Abele la cima dell'Annapurna significava la conquista dell'ultimo dei 14 ottomila della terra; per la Valle d'Aosta il primo alpinista a raggiungere quest'impresa. Il sottostante testo è stato scritto e redatto il giorno 28/10/2003 da Abele Blanc al Campo Base quota 4500 mt sul Diario On line del sito ufficiale della spedizione sull' Annapurna 2003:

"Ciao Amici, l'Annapurna non è certamente uno degli ottomila più alti, ma la sua parete sud rappresenta senza alcun dubbio uno degli obbiettivi più ambiti per tutti gli alpinisti del mondo. Diversi itinerari vi sono stati tracciati, tra questi, lo sperone Bonnington è sicuramente il più logico ed il più bello. Le difficoltà tecniche, fino al quinto grado superiore in roccia e tratti fino a quaranta metri in ghiaccio verticale, non rappresentano oggi un' ostacolo insuperabile per un alpinista di alto livello. Le difficoltà sono certamente di tutta altra natura, innanzi tutto l'ambiente particolarmente maestoso e grandioso in cui si svolge la scalata, la parete quasi verticale con i suoi seracchi sospesi ed i lisci lastroni di roccia paiono schiacciare l'alpinista sotto un peso insopportabile. I sassi ed i pezzi di ghiaccio, che mossi dal vento e dal gelo, si staccano dalla cima e precipitano fin sul ghiacciaio sottostante producono un suono lugubre ed inquietante che rendono la scalata snervante, è come dover combattere contro un nemico molto più forte ed invisibile! I primi 15 giorni di spedizione sono stati per noi i più duri e dispendiosi, la voglia di fare era tanta, ma il tempo incredibilmente umido e la pioggia continua hanno minato la salute di alcuni di noi.
Con l'arrivo del bel tempo, ai primi di ottobre, la progressione sulla parete è stata fantastica. Corrado e Marco, Alex e Massimo divisi in due cordate superavano in soli 10 giorni tutte le difficoltà della via e risolvevano praticamente il problema della parete sud dell'Annapurna. Mancavano solo gli ultimi 500mt più facili che conducevano alla cima. Il successo pareva a portata di mano, quasi troppo facile, eppure quel giorno lassù a 7600mt qualcosa si è inceppato nel meccanismo della progressione, il tempo era splendido, assenza di vento e temperature accettabili ed alla sera la luna avrebbe illuminato la montagna come di giorno. Forse per eccesso di prudenza, o forse perché era giusto così il nostro sogno si interrompeva quando già pregustavamo il sapore esaltante della vittoria. Sulla parete sud dell'Annapurna non ci si può cimentare in continui tentativi, troppo alti sono, il dispendio di energie spese (fisiche e mentali) ed i rischi di perdere la vita per la caduta di un seracco o di un sasso che ti colpisce a tradimento ... La perdita poi di Alex (una brutta bronchite) e la mia definitiva rinuncia assieme alle condizioni climatiche mutate (vento forte in quota, temperature al di sotto dei 25° già a 7000mt, era arrivato l'inverno) hanno poi contribuito a rendere vano anche il secondo tentativo di Christian, Marco e Massimo. In ultima analisi si può dire che il gruppo è stato "tradito" (anche se non per colpa propria) proprio da quelle persone che nel momento decisivo avrebbero dovuto mettere sulla bilancia tutta la loro esperienza acquisita in anni di spedizioni in Himalaya. Per questo, chiedo scusa ai miei compagni di spedizione per essere stato in questo frangente l'anello debole di quella formidabile catena che avevamo composto fin dal primo giorno che ci eravamo riuniti ad Aosta ed avevamo deciso di affrontare la grande Montagna."

Il mio sogno oltre la Parete...

Ore 12.00 ai nostri piedi la Parete Sud dell'Annapurna. Corrado, Alex, Massimo, abbiamo lavorato giorni e giorni sotto una fitta pioggia di meteoriti. Conosciamo ogni angolo di questa parete. Gli occhi s'intrecciano come i pensieri, è tardi troppo tardi, 400 metri alla cima, senza corde, ancora 5 ore passo dopo passo a lento respiro. Il K2 come un fantasma è lì presente, il buio di quella notte a 8611 metri, la discesa, le mie dita. Salire, sono qui per questo ma il rischio... gli occhi si attraversano, qualche cenno, gli sguardi si abbassano... Scendiamo.
"Così finisce anche questa splendida avventura... nella speranza che Abele incoroni il suo splendido sogno al più presto e che io possa ancora avere l'opportunità di rivivere altre storie di alpinismo con un gruppo così forte e unito nel nome dell'alta montagna.